mercoledì 17 giugno 2009

Cos'è Web 2.0

articolo originale di Tim O'Reilly

Design Pattern e Modelli di Business per la Prossima Generazione di Software

Lo scoppio della bolla dot-com nell’autunno del 2001 ha segnato un punto di svolta per il web. Molte persone sono giunte alla conclusione che il web sia stato assolutamente sopravvalutato, quando, di fatto,
le bolle e le conseguenti crisi sembrano essere una caratteristica comune di tutte le rivoluzioni tecnologiche. Le crisi tipicamente segnano il punto in cui una tecnologia in crescita è pronta a prendere il posto che le spetta, al centro del palcoscenico. Tra i diversi pretendenti si distinguono quelli che hanno veramente successo, e si comprende il motivo di tale successo.
Il concetto di "Web 2.0" ebbe inizio con una sessione di brainstorming, durante una conferenza, tra O'Reilly e MediaLive International. Dale Dougherty, pioniere del web e Vice Presidente di O'Reilly, fece notare che, tutt’altro che “crollata”, la rete era più importante che mai, con nuove interessanti applicazioni e siti che nascevano con sorprendente regolarità. Inoltre, le società che erano sopravvissute al collasso sembravano avere alcune caratteristiche in comune. Poteva essere che il collasso delle dot-com avesse segnato un punto di svolta per la rete, tale che un richiamo all'azione come "Web 2.0" potesse avere senso? Concordammo con questa analisi, e così nacque la Conferenza Web 2.0.
Nell'anno e mezzo trascorso da allora, il termine "Web 2.0" ha decisamente preso piede, con oltre 9,5 milioni di citazioni in Google. Ma c’è ancora un grande disaccordo circa il significato di Web 2.0: alcuni lo denigrano, considerandolo un termine di marketing, alla moda ma insignificante, mentre altri lo accettano come il nuovo standard convenzionale.
Questo articolo è un tentativo di fare chiarezza su cosa noi intendiamo con Web 2.0.
Sfruttare l’Intelligenza Collettiva
Il principio centrale che sta dietro al successo dei giganti nati nell'era del Web 1.0 che sono sopravvissuti per guidare l’era del Web 2.0 sembra essere questo: che hanno abbracciato la potenza del web per sfruttare l’intelligenza collettiva:
• L’hyperlinking è il fondamento del web. Quando gli utenti aggiungono nuovi contenuti e nuovi siti, questi vengono integrati alla struttura del web dagli altri utenti che ne scoprono il contenuto e creano link. Così come le sinapsi si formano nel cervello, con le associazioni che diventano più forti attraverso la ripetizione o l'intensità, la rete delle connessioni cresce organicamente come risultato dell'attività collettiva di tutti gli utenti del web.
• Yahoo!, la prima grande storia di successo in internet, nacque come un catalogo, o una directory di link, un'aggregazione del lavoro migliore di migliaia e poi milioni di utenti del web. Sebbene Yahoo! da allora si sia spostato verso un business basato sulla creazione di contenuti di molti tipi diversi, il suo ruolo come portale per il lavoro collettivo degli utenti della rete rimane il centro del suo valore.
• Il fattore di successo di Google nel campo delle ricerche, che rapidamente l’ha reso il leader indiscusso di mercato, è stato il PageRank, un metodo che utilizza la struttura dei link, anziché semplicemente le caratteristiche di una pagina web, per fornire risultati di ricerca migliori.
• Il prodotto di eBay è l’attività collettiva di tutti i suoi utenti; come il web stesso, eBay cresce organicamente in risposta all’attività degli utenti. Il ruolo della società è quello di mettere a disposizione un contesto in cui tale attività possa aver luogo. Inoltre, il vantaggio competitivo di eBay viene quasi interamente dalla massa critica di acquirenti e venditori, che rendono chiunque tenti di offrire servizi simili significativamente meno interessante.
• Amazon vende gli stessi prodotti che vendono i suoi concorrenti, come Barnesandnoble.com, e riceve le stesse descrizioni del prodotto, le stesse immagini di copertina e gli stessi contenuti editoriali dai suoi fornitori. Ma Amazon ha fatto della partecipazione degli utenti una scienza. Conta su un numero sempre maggiore di recensioni da parte degli utenti, invita a partecipare in vari modi su virtualmente qualsiasi pagina e, ancora più importante, usa l’attività degli utenti per produrre risultati di ricerca migliori. Mentre una ricerca sul sito Barnesandnoble.com molto probabilmente porterà ai prodotti della società o ai risultati sponsorizzati, Amazon porta sempre al "più popolare”, un calcolo in tempo reale basato non solo sulle vendite, ma anche su altri fattori che gli insider di Amazon chiamano il “flusso” intorno ai prodotti. Considerando la sempre maggiore partecipazione degli utenti, non sorprende che le vendite di Amazon superino quelle dei concorrenti.Ora, le società innovative che seguono queste intuizioni, e che forse le estenderanno ulteriormente, stanno lasciando il segno nel web:
• Wikipedia, un’enciclopedia online basata sull’improbabile idea che ciascuna voce possa essere aggiunta da qualsiasi utente web, e modificata da qualunque altro, è un esperimento radicale di fiducia, che applica alla creazione di contenuti il detto di Eric Raymond (coniato originariamente nel contesto del software open source), secondo cui “con molti occhi puntati addosso, ogni bug diventa una bazzecola”. Wikipedia è già nella lista dei primi 100 siti web, e molti ritengono che sarà tra i primi dieci a breve. Questo rappresenta un cambiamento profondo nelle dinamiche della creazione di contenuti!
• Siti come del.icio.us e Flickr, due società che hanno ricevuto grande attenzione negli ultimi tempi, hanno fatto da pionieri per un concetto che alcuni definiscono "folksonomia" (in contrasto con tassonomia), uno stile di categorizzazione collaborativa dei siti che utilizza parole chiave liberamente scelte, che spesso sono definite tag. Il tagging consente di ottenere quel tipo di associazione multipla e in sovrapposizione che il cervello stesso utilizza, anziché delle categorie rigide. Nell’esempio canonico, una foto Flickr di un cucciolo può essere “taggata” sia come "cucciolo", sia come "carino" - consentendo di trovarla lungo gli assi naturali generati dall’attività degli utenti.
• I prodotti per filtrare lo spam in modo collaborativo, come Cloudmark per esempio, aggregano le decisioni individuali di chi usa la posta elettronica in merito a cosa è spam e cosa non lo è, superando i sistemi che si basano sull'analisi dei messaggi stessi.
• È una verità scontata che le società che vantano i più grandi successi in internet non fanno pubblicità dei propri prodotti. La loro adozione è guidata dal “marketing virale”, cioè dalle raccomandazioni che passano direttamente da un utente a un altro. Potete quasi arrivare alla conclusione che se un sito o un prodotto si basa sulla pubblicità per farsi conoscere, non si tratta di Web 2.0.
• Persino gran parte dell’infrastruttura del web, compreso il codice di Linux, Apache, MySQL, e Perl, PHP, o Python usato in molti server web, si affida ai metodi di peer-production dell’open source; in essi stessi si trova un esempio di intelligenza collettiva creata dalla rete. Ci sono più di 100.000 progetti di software open source elencati su SourceForge.net. Chiunque può aggiungere un progetto, chiunque può scaricare e utilizzare il codice, e nuovi progetti migrano dalle periferie al centro come risultato del fatto che gli utenti li utilizzano, un processo di adozione organico del software che si affida quasi interamente al marketing virale.
La lezione: Gli effetti del network derivanti dai contributi degli utenti sono la chiave del predominio del mercato nell’era del Web 2.0
Competenze Centrali delle Società Web 2.0
• Servizi, e non pacchetti di software, con una scalabilità efficace dal punto di vista dei costi
• Controllo su fonti di dati uniche e difficilmente replicabili che si arricchiscono man a mano che vengono utilizzate
• Dare fiducia agli utenti come co-sviluppatori
• Sfruttare l’intelligenza collettiva
• Influenzare “the long tail” attraverso il customer self-service
• Il software a un livello superiore rispetto al singolo dispositivo
• Interfacce utenti, modelli di sviluppo, e modelli di business leggeri
La prossima volta che una società dichiara di essere "Web 2.0," verificate le sue caratteristiche a fronte di questa lista.
Più punti otterranno, più si meriteranno questo nome. Ricordate, però, che l’eccellenza in una sola area può essere più efficace di alcuni piccoli passi compiuti in tutte e sette.

(
http://www.awaredesign.eu/articles/14-Cos-Web-2-0)

sabato 13 giugno 2009

The Open Source Definition

Fri, 2006-07-07 15:49 — Ken Coar

Introduction
Open source doesn't just mean access to the source code. The distribution terms of open-source software must comply with the following criteria:
1. Free Redistribution

The license shall not restrict any party from selling or giving away the software as a component of an aggregate software distribution containing programs from several different sources. The license shall not require a royalty or other fee for such sale.
2. Source Code

The program must include source code, and must allow distribution in source code as well as compiled form. Where some form of a product is not distributed with source code, there must be a well-publicized means of obtaining the source code for no more than a reasonable reproduction cost preferably, downloading via the Internet without charge. The source code must be the preferred form in which a programmer would modify the program. Deliberately obfuscated source code is not allowed. Intermediate forms such as the output of a preprocessor or translator are not allowed.
3. Derived Works

The license must allow modifications and derived works, and must allow them to be distributed under the same terms as the license of the original software.
4. Integrity of The Author's Source Code

The license may restrict source-code from being distributed in modified form only if the license allows the distribution of "patch files" with the source code for the purpose of modifying the program at build time. The license must explicitly permit distribution of software built from modified source code. The license may require derived works to carry a different name or version number from the original software.
5. No Discrimination Against Persons or Groups

The license must not discriminate against any person or group of persons.
6. No Discrimination Against Fields of Endeavor

The license must not restrict anyone from making use of the program in a specific field of endeavor. For example, it may not restrict the program from being used in a business, or from being used for genetic research.
7. Distribution of License

The rights attached to the program must apply to all to whom the program is redistributed without the need for execution of an additional license by those parties.
8. License Must Not Be Specific to a Product

The rights attached to the program must not depend on the program's being part of a particular software distribution. If the program is extracted from that distribution and used or distributed within the terms of the program's license, all parties to whom the program is redistributed should have the same rights as those that are granted in conjunction with the original software distribution.
9. License Must Not Restrict Other Software

The license must not place restrictions on other software that is distributed along with the licensed software. For example, the license must not insist that all other programs distributed on the same medium must be open-source software.
10. License Must Be Technology-Neutral

No provision of the license may be predicated on any individual technology or style of interface.

(da http://www.opensource.org)

venerdì 12 giugno 2009

Il "prosumerismo"

Il termine “prosumerismo” è un anglicismo introdotto in Italia nel 1985 da G. Fabris per descrivere sinteticamente il nuovo rapporto venutosi a creare, nella società postmoderna, tra produttore e consumatore. Secondo Fabris (2008) la dicotomia tra produttore e consumatore appartiene ormai al passato, poiché oggi i confini tra questi due agenti si sono assottigliati a causa del processo di empowerment conoscitivo che caratterizza la nuova clientela, sempre più dotata di un importante bagaglio di conoscenze e, dunque, di maggiori aspettative.

Toffler, che ha coniato il termine prosumer, descrive l’età postmoderna come un’epoca di passaggio dalla produzione di massa alla personalizzazione di massa, raggiungibile attraverso il coinvolgimento del consumatore stesso nel processo ideativo e produttivo (Toffler, 1980).

Il fenomeno del “prosumerismo” ha iniziato a svilupparsi in Italia durante gli anni Settanta, epoca in cui si è verificato l’affermarsi della filosofia del do it yourself (il “fai da te”), in particolare nell’ambito degli interventi domestici, e ha continuato a diffondersi nel corso degli anni in campi diversi, quali l’alimentazione (con la produzione di beni destinati all’autoconsumo), l’abbigliamento (con la riscoperta del cucito, la maglia, il ricamo), la cura della persona (con permanenti e tinture fatte in casa) e le riparazioni meccaniche (Fabris, 2008).

L’Autore sottolinea che le motivazioni alla base di questi comportamenti concernono non solo aspetti pratici ed economici, ma dimostrano soprattutto la nuova esigenza di prodotti che rispondano ai bisogni individuali, rispecchiando la personalità di ciascuno, e la presa di distanza dall’omologazione tipica della produzione di massa. È una tendenza che di fatto ha condotto gli individui a trasformarsi in produttori, sia sfruttando le proprie abilità manuali, sia mettendo a frutto la propria creatività per trovare soluzioni nuove e originali in grado di soddisfare i propri gusti e di far percepire al soggetto di essere più attivo come produttore.

Con la diffusione di Internet e, in particolare, delle nuove tecnologie del Web 2.0, che consentono agli utenti di partecipare attivamente alla creazione di contenuti o di collaborare alla loro costruzione, questo processo assume dimensioni molto più vaste e il concetto di prosumer diviene di grande attualità. Micelli (2000) afferma che le comunità virtuali si riappropriano di quell’intelligenza progettuale e produttiva che l’impresa della produzione di massa ha accentrato all’interno dei propri uffici... dando vita a spazi di incontro stabili cui hanno interesse di partecipare le stesse imprese”.

Con questa nuova era, infatti, sono disponibili una serie di servizi “fai da te” basati sul web che permettono a chiunque abbia accesso a Internet di diventare produttori in diversi campi sociali (Giurgiu, 2008). Come suggerisce José van Dijck (2008), il termine “you” in YouTube rimanda significativamente al nuovo tipo di co-produttore collaborativo di contenuti mediali, che viene generalmente definito “utente” (user) di contenuti audiovisivi. Egli sottolinea anche che i siti come YouTube non offrono semplicemente un nuovo ambiente per la condivisione di video, ma hanno condotto alla nascita di una nuova pratica sociale, differente dalle tradizionali categorie di pubblico, spettatore e consumatore.